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2006-11-16 - la Vita Cattolica
IL VALORE AGGIUNTO portato da un sistema di banche locali non è solo la funzione creditizia, che così bene le Bcc hanno assolto in questi anni, ma anche la capacità di promuo vere progettualità. Con questa premessa, il presidente della Federazione regionale delle Bcc, Italo Del Negro, spiega di fatto la reinterpretazione in chiave attuale dell'essere locale, che fa delle Bcc quella che lui stesso definisce «una risorsa strategica del Friuli». Altrimenti - osserva Del Negro - si ritroverebbe con un mercato bancario guidato solo da grandi gruppi, indubbiamente necessari per i motivi sopra indicati, ma non necessariamente sempre vicini alle necessità delle economie locali, anche per diversità di obiettivi strategici. Il profìtto, ad esempio, non è un obiettivo che le Bcc si prefiggono di raggiungere costi quel che costi. Anzi, piuttosto che di profìtto, Del Negro preferisce parlare di «obiettivi di utilità sociale». «Le Bcc, società cooperative senza finalità di lucro, sono banche mutualistiche - spiega - in quanto società cooperative che erogano il credito principalmente ai soci e non perseguono scopi di profitto, bensì obiettivi di utilità sociale, e sono banche solidali, in quanto promuovono l'aiuto reciproco dei soci e facilitano l'accesso al credito delle fasce più deboli. Finalità diverse da quelle, legittime, di creare valore per gli azionisti, attraverso la distribuzione di dividendi e, nel caso di banche quotate, la capitalizzazione di Borsa». Una puntualizzazione necessaria: chi sono, dunque, i soci delle Bcc? «I soci - spiega il presidente - hanno un ruolo centrale, in quanto ne sono i proprietari, e come tali eleggono gli amministratori in assemblea (la cosiddetta "democrazia economica" del Credito cooperativo), sono i primi clienti, e sono i principali testimoni dell'operatività delle Bcc sul territorio. I collaboratori, dal canto loro, sono l'anima operativa dell'azienda e ne rappresentano l'immagine nei rapporti con la clientela». Chi guarda con sufficienza queste banche, dovrebbe subito ricredersi. Per tanti fattori, ma uno in particolare: il numero dei dipendenti delle Bcc in regione ha superato le 1.300 unità, ed è in costante, crescita negli ultimi anni. Non è un dato di poco conto. Tiene a sottolineare Del Negro.: «Guardatevi intorno. Questo è un dato in contro - tendenza rispetto al resto del sistema bancario, che sta sensibilmente riducendo gli organici. La ricerca di economie di scala conseguente all'aumento delle dimensioni può comportare, e in passato ha già comportato, effetti indotti anche di questa natura». Sintesi dei valori fondanti delle Bcc è il bilancio sociale e di missione regionale, dal quale emerge che le Bcc destinano ogni anno ingenti risorse al sostegno degli organismi locali. Anche lo scorso anno, le Bcc hanno confermato la loro attenzione al sociale elargendo oltre 3,1 milioni di euro alle comunità locali: una pioggia fitta di attenzioni, spesso attuate nei piccoli centri, che ha permesso di sostenere 3.300 progetti complessivi con ricadute positive sull'intero territorio.
F.D.M.
ITALO DEL NEGRO, presidente della Federazione regionale delle banche di credito cooperativo, non ha alcun dubbio: le grandi fusioni favoriscono la crescita delle realtà territoriali». Poi aggiunge, sottovoce, una metafora: «I dinosauri si sono estinti. Le formiche no».
Presidente, intende con questo sostenere che la fusione tra Intesa e San Paolo rilancia le Bcc?
«La fusione ha riportato prepotentemente alla ribalta la problematica delle dimensioni idonee che una banca deve avere per poter competere efficacemente».
Quali sono queste dimensioni?
«La crescita dimensionale dei grandi gruppi è necessaria per disporre di un sistema Paese credibile, ed è cosa buona, in termini generali, che ci siano concentrazioni come questa, soprattutto per la capacità di reggere alla concorrenza delle banche estere che non nascondono i loro appetiti per le banche italiane».
D'accordo. Ma banche come le vostre in che termini ne guadagnano?
«Se guardiamo ai numeri, nel contesto italiano le fusioni tra banche hanno sin qui favorito le piccole realtà. E non ci sono elementi oggettivi per ritenere che, a livello locale, la concentrazione tra grandi gruppi non continui ad avvantaggiare le piccole realtà».
Ammetterà che tanti non siano del suo parere. Ed anche in Frulli c'è chi teme le concentrazioni. Potrebbero soccomberne proprio i piccoli istituti. Altro che avvantaggiarsi.
«Ma lei non crede che in presenza di processi di riorganizzazione informatica, delle reti, del personale, che accrescono la loro complessità in misura proporzionale alle dimensioni della nuova banca, i clienti possano essere indotti a cercare un altro interlocutore bancario?».
Ma questa sua speranza come può davvero tradursi in realtà? Quando il piccolo cliente lascerà il grande gruppo per avvicinarsi ad uno sportello Bcc?
«Il rischio che tutte le fusioni incorporano è infatti quello di spersonalizzare il rapporto con il cliente, che per le Bcc è un valore imprescindibile. Più un gruppo diventa grande più ottiene economie di scala, e questo può far abbassare i costi, ma il problema principale resta la relazione con il correntista».
Ma ci dimostri con i numeri che nonostante i processi in atto, le Banche di credito cooperativo hanno un presente florido e dispongono di un futuro di sicurezza.
«Le Bcc regionali, dal 2000 a oggi, sono cresciute dell'80 nei crediti erogati, del 44 nella raccolta diretta, del 33 negli sportelli e del 15 dei dipendenti. Numeri che hanno portato alla crescita costante delle nostre quote di mercato e dell'importanza delle Bcc nel contesto economico regionale. Quindi possiamo dire che la progressiva scomparsa delle banche locali, avvenuta in questi anni, ha lasciato ancora più spazio alle Bcc».
Più spazio dove?
«Le Bcc hanno dimostrato di poter essere efficienti ed offrire un servizio bancario anche in zone dove altri non avrebbero convenienza ad operare, in ragione del modello organizzativo fondato sulla valorizzazione dell'identità distintiva dei nostri istituti e sulla coesione di sistema».
Non crede che l'identità rischi di essere soltanto un bei slogan?
«Laddove l'identità si appanna, l'esperienza dimostra che il mercato interviene con la semplificazione e la razionalizzazione. E lo stesso accade nel caso di banche piccole o medie autonome e non coordinate, esposte dunque agli appetiti di quelle maggiori. Io credo che in una democrazia evoluta, come la nostra, deve esserci spazio per tutti i soggetti imprenditoriali, di qualsiasi dimensione e di qualsiasi natura giuridica. C'è spazio e ruolo per le grandi banche quotate, come per le piccole banche mutualistiche».
Qual è il merito storico del «piccolo è bello» in campo bancario? In altre parole, perché le Bcc hanno ben meritato per la storia del Friuli?
«Il pluralismo bancario è stato garanzia di sviluppo soprattutto per i territori. Bene, le banche locali hanno contribuito a promuovere rapporti di fiducia, reti di relazioni, circolazione delle informazioni, coesione sociale, ingredienti fondamentali per raffermarsi del modello di sviluppo proprio del Friuli-Venezia Giulia e di molte altre parti d'Italia, avendo contribuito a costruire sistemi locali come i distretti e a valorizzare la piccola e media impresa, spina dorsale, del nostro sistema produttivo».
L'autonomia dei singoli istituti rappresenta una palla al piede o è un valore aggiunto? Parliamo, ovviamente delle Bcc.
«La nostra risposta alle fusioni e aggregazioni delle banche ordinarie è una formula organizzativa peculiare che salvaguarda l'autonomia delle singole Bcc, all'interno di un percorso di crescita che ci ha portato a rafforzare la struttura associativa e a creare un moderno sistema a rete, in grado di competere con i grandi gruppi. Il "fare rete", rappresenta la formula attraverso la quale anche le piccole banche riescono ad essere "grandi", nel senso di efficienza e competitivita, e contemporaneamente a ricoprire il ruolo di banca per lo sviluppo del territorio. Le Bcc devono poter compartecipare alla gestione di dinamiche imprenditoriali su scala più ampia, come i processi riorganizzativi e di innovazione finanziaria che gli enti pubblici territoriali, i distretti, i consorzi fidi stanno sviluppando».
FRANCESCO DAI MAS